domenica 7 luglio 2013

Niente vibrazioni sulla Bianchi Infinito C

Dalla collaborazione con Material Sciences Corporation nasce il nuovo gioiello in casa Bianchi.


Un vero gioiello!
E' questo quello che ho pensato quando ho letto la recensione del nuovo prodotto a marchio Bianchi.
Si tratta di una nuova bici da corsa prodotta grazie alla collaborazione con la Material Sciences Corporation, un'azienda che lavora nell'industria dei materiali compositi e dalla quale si riforniscono la Nasa e l'esercito americano. 
La casa di Treviglio, infatti, ha applicato dei concetti sviluppati nell'industria aereospaziale, un settore dove i materiali compositi utilizzati nella costruzione degli Space Shuttle, sono sottoposti a grandissime vibrazioni sia in fase di test che in fase di lancio.
Gli ingegneri Bianchi  non hanno fatto altro (si fa per dire!) che sostituire i vecchi isolanti plastico-viscosi, con un materiale viscoelastico, detto Countervail, inserendolo direttamente nella struttura fatta di fibre di carbonio, tra le varie "pelli".
Il risultato è stato quello di ridurre del 60% le vibrazioni generate dall'asfalto sconnesso, di migliorare la comodità e, conseguentemente, secondo degli studi pubblicati sul "Journal of Sciences and Medicine", il livello della prestazione.
A questo punto i granfondisti potrebbero storcere il naso, perchè tutti sanno che aumentando il comfort e la comodità, sulla bdc si riduce la rigidità a discapito della reattività del mezzo.
I tecnici Bianchi hanno ovviato a questo "problema" adottando le geometrie "Cost to Coast", con carro posteriore allungato, sterzo più alto e angoli che permettono una posizione più comoda e un minore stress per braccia e collo.
Inoltre adotta il nuovo movimento centrale Press Fit 30, un passaggio interno dei cavi, la doppia compatibilità per cambi tradizionali ed elettromeccanici e dei foderi rettilinei.
Naturalmente ha predisposto una forcella anche con attacchi per il montaggio di freni a disco da 140 e 160 mm. Il futuro delle specialissime passa, chissà, dai freni a disco.
A questo punto non ci resta che sperare in un prezzo accessibile e alla portata di tutti! Tanto sognare non costa nulla, almeno per ora.



giovedì 4 agosto 2011

Resoconto Luglio 2011


Ricorderò certamente questo mese per il mio primo 200 Km, ma anche per quell'immagine, durante la mia ultima uscita mensile, di un cane sul ciglio della strada appena investito e che veniva soccorso da qualcuno....Non so perchè non mi sono fermato....forse avrei potuto fare qualcosa per quell'amico peloso.
Da quel giorno sul telefono il numero dei Vigili, del servizio veterinario e della Lega del cane. Nel cuore la promessa di non fuggire più!

lunedì 11 luglio 2011

Il mio primo "200 Km".

Da Gravina ai Laghi di Monticchio e ritorno.

Introduzione.

Quando ho cominciato ad andare in bici, 7 anni fa, il solo pensiero di pedalare per 100 km di fila mi faceva stancare. Figuriamoci per 200 km.
Dopo quasi un anno di stop per acciacchi vari, in cui addirittura stavo ricominciando a fumare qualche sigaretta, mi son rimesso in sella alla mia vecchia Atala slr 200. Era il dicembre del 2009.
Da allora, più o meno costantemente, ho ripreso il feeling con le due ruote e l'asfalto, cominciando ad aumentare, dapprima il numero delle uscite in bici e poi il chilometraggio. Questo spesso grazie anche alla compagnia di amici incontrati per caso per strada.
E' stato tutto naturale. Ho ripreso a leggere articoli, forum e riviste sul mondo delle bdc (bici da corsa) e sul cicloturismo.
Ed è proprio con la mente ad alcuni articoli sulle randonnée,  che un giorno d'estate, rientrando da Poggiorsini con un mio amico, dissi:
"Mi piacerebbe provare a fare 200 km in un'unica giornata!"
Il mio compagno di pedalate rimase per un pò in silenzio, guardandomi attraverso gli occhiali scuri. Dopo però mi chiese:
"E dove vorresti andare?"
Capii che non mi avrebbe accompagnato! Non so se cercassi la compagnia di qualcuno quel giorno! Forse nemmeno io ci credevo fino in fondo.
Risposi: "Mi piacerebbe andare su, sino ai laghi di Monticchio!"
"E' lontano!"
"Beh credo di sì, saranno 100 km ad andare e 100 a venire....giusti giusti"
Sorrise....o almeno credo.
Quando rientrai quel pomeriggio, salendo le scale di casa, pensai che forse un'uscita di quella lunghezza, con il ferro vecchio che stavo portando in spalla, sarebbe stato un azzardo troppo grande.
La mia cara e vecchia "specialissima"  mi avrebbe benissimo potuto lasciare a piedi. E ne avrebbe avuto ben donde. Non sono mai stato  un attento proprietario e compagno di pedalate, e quell'occasione sarebbe stata l'ideale per vendicarsi, lasciandomi a piedi a 100 km da casa.
E' stato anche per questo che è stata sostituita da una nuova "specialissima", una Cannondale Synapse Carbon montata 105. Con una componentistica da entry level, ma dall'ottimo telaio, é nel complesso una bici di sicura affidabilità.
Così, in sella alla mia nuova amica, a partire da gennaio di quest anno, ho cominciato nuovamente ad uscire dopo una pausa autunnale causata da imprevisti vari che mi hanno obbligato a stare a casa. Molte volte è anche vero che, tra ottobre e novembre, ho avuto la possibilità di uscire per qualche sgambata, ma i cigiolii della mia Atala mi demoralizzavano e mi facevano passare la voglia di scendere per strada a sudare.
Dal 2011, però, grazie al nuovo gioiellino, le uscite son diventate sempre più costanti e lunghe e a volte mi sono anche aggregato ad un gruppo di amatori che con le loro continue menate hanno trasformato in veri e propri allenamenti quelle che per me dovevano esere solo delle sgambate.
Se mettiamo in conto lo spinning e qualche seduta di palestra, e le partite di calcetto primaverili che continuano tutt'oggi.....ci si procsciuga :)
Ed in effetti son dimagrito molto da novembre dell'anno scorso. 5 kg sicuramente.
Bene, senza dilungarmi oltre!
E' giugno! e decido di provare i 200 km. Vada come vada, voglio provarci.
Esco costantemente e quando il tempo inclemente non me lo permette, vado in palestra o gioco a calcetto. Fisso la data sperando nel buon tempo. 09 luglio 2011.
Si parte, con 250 km nelle gambe nelle ultime 2 settimane.....un pò pochini!

I preparativi.
La preparazione inizia già la sera prima.
Dovendo alzarmi presto decido di preparare tutta la mia roba in anticipo prima di andare a letto.
Sistemo l'abbigliamento tecnico, attacco il mio improvvisato "bag loop" al manubrio della bici, lubrifico la catena, sistemo gli attrezzi e le due camere d'aria che porterò con me, preparo due panini, riempio due borracce con integratori e le ripongo in frigo.
Dopo una ricca cena a base di carboidrati (riso, patate, pizza), zuccheri e sali minerali (frutta, verdura e acqua), carico il percorso sul mio Garmin 800. La connessione fa le bizze e vado a letto quasi a mezzanotte. Contavo di andarci prima per dormire almeno 8 ore, da buon atleta.
Al mattino sveglia alle 6.15 e subito colazione.
Preferisco non appesantirmi e così ingurgito solo una tazza di latte con cacao e mangio una bella fetta di pastiera alla ricotta.
Mi vesto, metto i panini tagliati a pezzi nel marsupio, tre bustine di sali da aggiungere all'acqua che riempirò fresca lungo il percorso, qualche barretta energetica, il telefono, il portamonete con un documento di identità. Il necessario, quindi, per una bella gita all'insegna del bel tempo e della bici....da vero randagio!
5 minuti di streeching nel portone e alle 7 circa sono per strada.
Accendo il GPS aggancio i pedali e comincio a pedalare aspettando che il Garmin 800 agganci, invece, i satelliti.
Quando son fuori da Gravina ad un bivio sulla strada verso Spinazzola, il Gps mi dice di svoltare a sinistra.......è panico.....la sera prima ho caricato un vecchio percorso.
Sono anche io ad un bivio a questo punto.
Devo decidere se tornare a casa, accendere il pc, ricaricare il percorso corretto e ripartire, oppure continuare senza la traccia.
Decido di continuare, in fondo il tracciato l'ho imparato a memoria, svincoli compresi.

200 km all'arrivo.
L'andatura fino a Spinazzola è blanda. Voglio prendermela comoda ed arrivare al giro di boa bello fresco visto il caldo che mi aspetta.
Alla stazione di servizio al bivio con la SS 230, dopo 36 km, la media è di 25 km/h.
Dopo aver bevuto un caffè e mangiato un cornetto, riparto.
Dopo un paio di chilometri svolto a sinistra per prendere la Basentana, seguendo mentalmente il tracciato che avevo memorizzato al pc.
La Basentana (S.S. 655) è una strada molto ampia sulla quale mi piace molto pedalare. Larga, in pianura e davvero poco trafficata!

S.S. 655
Sono le 8.45 e mi godo la tranquillità della strada approfittando per fare qualche scatto con il cellulare.
Dopo 4 km, in completa solitudine sulla strada larga, lì dove doveva esserci un ponte ci sono dei segnali che indicano che la strada è interrotta. Ecco perchè tanta tranquillità!  Ma su google maps, la strada è bella che segnata....
Non potendo attraversare i campi con la mia bdc, prendo la rampa che si immette sulla S.S. 168 in direzione Palazzo San Gervaso. Da quel punto e fino a Venosa il perocrso l'ho già fatto e la strada la conosco.

S.P. 10

I restanti 25 km da Venosa fino ai laghi di Monticchio li farò seguendo le indicazioni stradali!
Quindi  continuo lungo la S.P. 10 e dopo 50 km mangio la prima barretta energetica. Meglio mangiare prima che venga fame e bere prima che venga sete, questa dovrebbe essere la regola.
Dopo 70 chilometri di sali scendi senza niente di impegnativo, pedalando al risparmio, arrivo a Venosa, la città di Orazio.
Sono le 9.50.
Mi fermo in una piazzetta in centro, nei pressi di Via Vittorio Emanuele.
Una grande fontana funge da rondò, mentre poco più a detsra ce n'è una più piccola. Mi siedo all'ombra nella piazzetta, mangio uno dei tranci dei panini che ho nel marsupio, bevo e riempio l'acqua.
Chiedo ad un autotrasportatore quale sia la strada più comoda per Rionero in Vulture. Mi dice che in bici sarebbe meglio fare quella più corta. Come dargli torto!
Il problema è che la stanno allargando, che è tutta salita, curve e "ngann a soul"....non c'è speranza di trovare riparo dagli alberi.
Ringrazio e proseguo!
Percorro la Via Appia uscendo dal paesino lucano, stando attento a svoltare  per Ginestra e non per Ripacandida da dove, come mi aveva messo in guardia il venosino autotrasportatore, non sarei più arrivato a Rionero. E, visto il tono del concittadino di Orazio, ho prestato particolare attenzione a non sbagliare strada.
Intanto comincia a far caldo. Ma la temperatura è ancora piacevole. E lo devono sapere anche quei ragazzi che si divertono al VenosaPark.

Venosapark (google image)
Intanto la strada comincia a salire leggermente, poi scende nuovamente per un paio di chilometri. Me la godo!
Ecco quindi la strada in manutenzione, per fortuna praticabile.
Si sale per 4 km al 5% tra una serie di tornanti proprio fino al bivio per Ripacandida. Io continuo dritto, attraverso Ginestra e scendo a valle per 3 Km.
Prima però faccio qualche scatto!

Monte Vulture visto
da Ginestra
Da quel punto dovrò affrontare 17 km di salita al 5,5% di media e con punte fino al 14%.
I km più duri sono i primi 3 che hanno una pendenza media quasi del 10% con tratti al 15%.
Il Monte Vulture è sempre più vicino, prprio sopra di me. 
A Rionero ci arrivo abbastanza fresco. Mi son risparmiato.
Faccio una sosta e in un bar prendo una bottiglietta d'acqua che ingollo tutta d'un fiato. Riparto per i laghi, ma le indicazioni stradali non mi aiutano e per un pò zig zagando tra rotonde e saliscendi mi godo il pasese sul Monte Vulture.
Chiedo informazioni ed un gruppo di ragazzi che stanno scaricando della merce per un supermercato. Mi avvertono che per i laghi ci vogliono ancora 12 km  e più della metà in salita.
Gli dico che ce la metterò tutta per non farla a piedi. Mi salutano e riparto.
8 km al 4,5% con punte al 14% che portano fino al valico posto a 900 mt. slm.

Quota 835, il valico è posto più su.
Pensavo che la salita fosse finita!

Pedalo al risparmio, con la testa all'insù. Il cucuzzolo del monte Vulture è ormai sopra il mio caschetto....quasi posso tocccarlo.
Son a pochi giri di pedivella dai laghi. Mi separano dalla pausa solo 3 km di discesa tra i tornanti immersi nel bosco e al fresco.

Finalmente ci sono!! Quando sgancio i pedali manca un quarto a mezzogiorno e sono a 8 km dalla Campania!
Che pace!


C'è gente che passeggia, c'è qualche ragazzo in moto, altri pedalano sul lago con il pedalò. Un vocio calmo riempie l'aria fresca, mentre i venditori cominciano ad allestire i bar-ristoranti con bancarelle annesse.

Scelgo una panchina, compro due bottiglie d'acqua, mi rilasso e mangio. Questa volta ho fame!
Foto di rito e mi godo il paesaggio.
Era proprio quello che volevo. Faccio pipì!!!!




Dopo avrer comprato un souvenir, a malincuore, riaggancio i pedali e comincio il percorso a ritroso.
Salgo nel bosco tra la fitta vegetazione. Supero il valico di quota 875 mt.  e scendo verso Rionero.
Questa volta prendo direzione Barile. Attraverso il piccolo paese e comincio la discesa a valle.
Poi di nuovo su, verso Ginestra. Intanto il Monte Vulture si allontana alle mie spalle.
Dopo 4 km al 9% di media con punte del 15% scollino e continuo verso Venosa.
E l'una, ed è la giornata più calda da quando l'estate è cominciata.
Salire per 4 km al 9% è dura! E' stata dura. Ma non impossibile. Una borraccia è andata subito via per bagnarmi costantemente. L'altra l'ho svuotata prorpio a Venosa dove, quando tutti erano a pranzo, ho riempito le mie borracce alla solita fontana.
Una breve pausa. Giusto il tempo necessario per rinfrescarmi e per mangiare un altro boccone. Una barretta, quasi sciolta, divorata in due morsi.
Fa caldo ed è meglio proseguire.
Tra sali scendi in non molto arrivo a Palazzo San Gervaso.
Mi alzo sui pedali su di uno strappetto. Il peso sulla gamba destra, un movimento strano del piede e un fastidio al tendine d'achille che mi accompagnerà fino a casa.
I pensieri allegri e le canzonette che avevo nella mente fino a poco prima stanno lasciando il posto a impropreri vari. Il caldo da alla testa e il gps fa fatica a segnare anche 24 km/h.
Quando arrivo a Spinazzola mancano 36 km e sono le 15.00 in punto.
Mi rinfresco con altre bottiglie di acqua, una red bull e mangio l'ultimo pezzo che mi è rimasto del panino. La barretta non ho provato nememno ad aprirla perchè, forse, a quella temperatura si era liquefatta.
Ho pensato che  a quel punto un altro panino non lo avrei rifiutato.
Meglio riportare qualcosa indietro a casa pittosto che rimanere in bici con la pancia e le tasche vuote!
Riempio le borracce e dopo essermi rinfrescato all'ombra, seduto comodamente ai tavolini del bar della stazione di servizio, raggancio i pedali e riparto.
Dopo pochi chilometri l'acqua nelle borracce, però, è già calda. E' imbevibile e non è nemmeno di aiuto per rinfrescarsi un pò.
Il vento, caldo e contrario che trovo sulla strada, fa bollire me e l'acqua nelle mie borracce.
La sosta a Poggiorsini è tanto gradita, quanto necessaria.
Ancora liquidi e riposo.
Un gruppo di ragazzi in canottiera sul muretto della stazione di servizio-bar dove ho accostato la mia bdc, mi fa domande sulla bici (prezzo-peso), il percorso, il caldo...su tutto insomma. Sono incuriositi da questo ragazzo sudaticcio con occhiali e caschetto, che con la maglia completamente aperta e fascia cardio in mostra e maniche arrotolate beve una bottiglietta d'acqua da mezzo litro in un sorso, quando loro non sono riusciti nemmeno a tirare una boccata dalla loro sigaretta. 
Rispondo volentieri alle loro domande. Quelle risate e quella breve compagnia, mi hanno fatto allentare la tensione accumulata per il troppo caldo negli ultimi chilometri e mi ridanno le energie giuste per affrontare i 16 km che rimangono prima di abbatere il muro dei 200.
E così con il sorriso in volto, dopo le raccomandazioni dei miei amici, aggancio per l'ultima volta i pedali e, vento caldo in faccia, mi dirigo verso casa! Contento come non mai di rientrare nel mio paese... almeno per oggi.
Ora rimpiango di non aver pensato di chiedere a quei ragazzi di farmi una foto ricordo con il cellulare.!!!!
Quando entro a Gravina da via Spinazzola sono le 16.30 e l'ultima fatica che mi attende per oggi è via Bari e la bici in spalla per un piano, fin dentro casa.

Questa la traccia del percorso.

martedì 19 ottobre 2010

No-ping!

 DOPING:
  1. la somministrazione, l'assunzione e l'uso di sostanze appartenenti alle classi proibite di agenti farmacologici e l'impiego di metodi proibiti da parte di atleti e di soggetti dell'ordinamento sportivo;
  2. il ricorso a sostanze o metodologie potenzialmente pericolose per la salute dell'atleta, o in grado di alterarne artificiosamente le prestazioni agonistiche;
  3. la presenza nell'organismo dell'atleta di sostanze proibite o l'accertamento del ricorso a metodologie non consentite facendo riferimento all'elenco emanato dal CIO.

Mi scervellavo su cosa scrivere come secondo post nel mio blog che sento di aver trascurato troppo.
Dopo la mia dedica al grande Miguel credevo dovessi entrare subito nel vivo con un bell’articolo su i miei obiettivi “sportivi”, come per esempio raggiungere i 10.000 Km in 12 mesi. Per me un’impresa.
Ma gli eventi che hanno caratterizzato queste ultime settimane e che ormai sembrano accompagnare come un’ammiraglia la corsa dei ciclisti, mi hanno spinto a riflettere e a fermarmi un attimo.
Oggi il mio pensiero è rivolto al problema doping.
Cercare di ricostruire una storia che ripercorra l’evoluzione di questo “mostro” vorrebbe dire iniziare, secondo molti, dal 668 a.c., da quando cioè, secondo alcuni documenti storici, gli antichi atleti greci avevano l’abitudine di utilizzare funghi allucinogeni, erbe ed altre sostanze, per incrementare le loro prestazioni sportive.
Da allora le cose son cambiate notevolemte. Oggi certamente chi mangia funghi allucinogeni non è considerato un dopato, ma tuttalpiù uno stupido. Nel 2010 per migliorare le proprie prestazioni non basta certo alzarsi di buon’ ora ed andare in giro nelle campagne alla ricerca di funghi variopinti. Per resistere alla fatica ed al dolore dovuto ad attività sportive al limite della sopportazione umana bisogna entrare in farmacia. Bisogna rivolgersi al medico.
Oggi l’elenco delle sostanze proibite è davvero lungo, e a redigerlo è stata nel 2004 la World Anti Doping Agency (WADA) che dal 1999 è l’ente internazionale che lotta quotidianamente affinchè lo sport sia pulito.
La lotta di questo organismo è estenuante ed ha portato a numerosi risultati positivi, grazie ad una lunga serie di controlli a tappeto.  Tuttavia il problema non è stato cancellato perché agli atleti, e soprattutto ai ciclisti sono richieste delle prestazioni al limite dell’umana sopportazione. Sono quindi costretti  a vivere in situazioni in cui il ricorso a sostanze esterne diventa quasi un obbligo. Per questo motivo, nonostante gli sforzi delle autorità garanti nazionali, delle Federazioni Internazionali e della WADA, il fenomeno è ancora molto diffuso e l’unico modo per arrestarlo potrebbe essere quello di ridare agli atleti ciclisti delle condizioni più umane in cui possano confrontarsi nella legalità e secondo principi di lealtà. A far la differenza dovranno essere, quindi,  solo le proprie gambe o al massimo i 100 g in meno della bici recuperati Dio solo sa come.
Io, però, ho perso l’illusione che il mondo del ciclismo a livello professionistico possa cambiare.
Pertanto non posso non essere d’accordo con Torri che dopo l’ennesima inchiesta in cui viene coinvolto anche il campione spagnolo Contador,  ha dichiarato che il doping è invincibile per il semplice fatto che cambia in continuazione. C’é chi paventa la possibilità che possa prendere piede una nuova forma di doping, quello genetico che prevede l’utilizzo, a scopo di doping naturalmente, di quelle che sono le tecniche della terapia genica.
Si pensa che  si potrebbero modificare le cellule del tessuto muscolare, così da produrre una sostanza in grado di inibire il fattore che blocca la crescita delle fibre muscolari, portando così ad un aumento della massa muscolare. Oppure, si potrebbero modificare le cellule del rene, affinché producano più eritropoietina. Ma allora si sarebbe in grado di scoprire l’atleta dopato?
Ho sempre pensato che se fossi stato un ciclista professionista, non avrei mai utilizzato alcuna sostanza illegale per migliorare le mie prestazioni. E se davvero come dice Torri, nel mondo del ciclismo tutti si dopano, bhè allora io sarei stata l’eccezione e mi sarei accontentato di vivere la mia carriera ciclistica in coda al gruppo, cercando di mettermi in evidenza in qualche fuga da lontano, anticipando le salite più lunghe e più ripide del Giro o del Tour. Mi sarei accontentato di scalare per primo la cima Coppi della corsa rosa. Magari avrei dedicato tutta la preparazione al Giro per dare il meglio di me al cronoprologo di 8 km,  riuscendo chissà a piazzarmi nei primi dieci della classifica. Ma forse sarebbe sato anche troppo.
Oggi vivo la mia passione lontano anni luce dai problemi del doping, li conosco solo perché apprendo le notizie dai media e perché mi interessa conoscere le problematiche ed i meccanismi che gli ruotano attorno.  Certo a livello ciclo amatoriale, anzi a livello cicloturistico, a nessuno verrebbe in mente di fare uso di sostanze vietate. O no?
Eppure per combattere alla radice il problema, o quantomeno per tentare di farlo, basterebbe insegnare ai bambini, già alle scuole elemntari che il doping "fa la bua". Ma c'è chi, come un esponente del comitato regionale Pugliese della Federazione Cilcistica Italiana ed altri esponenti delle associazioni sportive gravinesi, crede che parlare ai bambini del doping significherebbe fargli conoscere qualcosa che sarebbe più opportuno tenergli nascosto evitando addirittura che possano così essere invogliati a "provarlo".
Incredibile! Incredibile ma vero Perchè queste sono state le parole dell' esponente regionale alla mia richiesta di dare spazio, anche un minimo spazio al problema doping, nel largo Fiera in occasione della Giornata nazionale dello sport organizzata a Gravina un paio di mesi fa.
Una giornata in cui a Gravina del problrma del doping ci si è completamente dimenticati, per evitare di turbare la tranquillità psicologica dei nostri bambini evitandio di metterli a conoscenza dell'esistenza di questo "orco".
Nel frattempo in altre regioni d'Italia bambini delle scuole elementari  e medie organizzavano piccole manifestazioni contro il doping e a favore dell'informazione, dimostrando ai microfoni dei giornalisti, una buona conoscenza del problema.


martedì 24 agosto 2010

1996: Pamplona - 17 giugno.

 Il problema di chi si accinge a scrivere la prima pagina di un "diario"  credo sia proprio quello di scegliere che cosa scrivere. 
Come iniziare!? Non si sa mai come farlo.....o meglio io non so mai come farlo.
Generalmente lo si fa con due semplici parole: "Caro Diario..... "
Certamente Diario va scritto con la lettera maiuscola perchè per chi scrive, il Diario, è un amico al quale confidare i propri pensieri, una persona in carne ed ossa capace di ascoltarci in qualsiasi momento, capace di stare in silenzio o,  magari, capace anche di darci dei preziosi consigli quando ce n'è bisogno.
Oggi il Diario non c'è più ed al suo posto ci sono i Blog che svolgono più o meno la sua stessa funzione.
Con le opportune modifiche alle "impostazioni sulla privacy", è infatti possibile rendere il nostro mondo inaccessibile e segreto. Proprio come un buon vecchio diario con tanto di lucchetto.
Oggi, tuttavia, chi scrive in un Blog lo fa per rendere di pubblico dominio i propri pensieri e le proprie emozioni. Oggi più gente accede ai miei "segreti" meglio è; più persone leggono il mio diario meglio è! 
"Vogliamo tutti sputtanarci sul web" e credo che in fin dei conti non sia nemmeno così semplice. 
Bisogna inserire i Blog nei motori di ricerca, aggiornarli costantemente, renderli avvincenti ed interessanti, pubblicizzarli sul maggior numero di portali nel mondo delle 3 w. 
In caso contrario, il nostro Blog sarà anche più inaccessibile e segreto di quel vecchio diario chiuso a chiave da un lucchetto dorato e nascosto in fondo al cassone nella cameretta, al sicuro da occhi indiscreti, sotto tutti quei vecchi giocattoli che ormai non usiamo più. 
Per quel che mi riguarda, voglio cominciare questo diario, anzi questo Blog, nel quale racconterò - quando ci saranno - delle mie (pseudo)uscite in bicicletta, con un articolo di giornale publicato sul Corriere della Sera nel lontano 1996.
A quel tempo erano passati 6 anni da quando credo di essermi innamorato di questo sport.
Da quando ho cominciato a masticare ciclismo, son certo di aver vissuto ammirando un solo vero campione. Il Navarro triste, il grande Miguel Indurain.
E per questo non posso esimermi dall'omaggiare il mio idolo, con il primo post del blog.

E' il giorno della 17^ Tappa, quella che va da Argelès-Gazost a Pamplona. Quella che per gli organizzatori di quel Tour de France sarebbe dovuta essere la Tappa che avrebbe incoronato Miguel Indurain Re del Ciclismo. Sarebbe dovuto essere il primo corridore ad aggiudicarsi 6 Tour de France e per di più consecutivamente, sconfiggendo una maledizione che aveva colpito prima di lui altri grandi campioni del passato capaci di indossare la maglia gialla a Parigi "solo" cinque volte.
Insomma doveva essere la tappa della celebrazione del Navarro, proprio a casa sua, sulle strade dei suoi allenamenti, quelli  con il fratello Prudencio.
Ma non fu così!
Si trattò della Tappa che, invece, decretò la fine di un'era, il tramonto di un campionissimo.
Una tappa che presentò al mondo un Re senza scettro, già colpito duramente nei giorni precedenti. Un uomo dal viso affaticato, stanco e segnato dalla sofferenza di chi ha dovuto affrontare un lunghissimo calvario .
Quel giorno, il 17 luglio del 1996 sarebbe dovuta essere La Storia, ma così non fu.
O almeno non lo fu per molti.
Per me, invece, quella giornata dovrebbe essere ricordata anche a lezione, nei manuali di Storia dell'ultimo anno di scuola superiore. Dovrebbe essere narrata al pari di alterttanto importanti giornate, di gloriose disfatte, come il  18 giugno del 1815, il giorno della Battaglia di Waterloo, o come il 18 ottobre del 202 a.C., il giorno della battaglia di Zama in cui Annibale dovette arrendersi alla potenza dell'esercito di Roma.

In poche parole dovrebbe essere narrata come l'inizio di un mito!

Casa Indurain, omaggio al re nudo

Miguel nella sua Pamplona a 8' da Rijs che lo difende: " Non e' al meglio ma resta il piu' grande " .

La maglia gialla da' un' altra dimostrazione di forza nella tappa vinta dallo svizzero Dufaux.


Davanti al suo pubblico il vecchio re del Tour s' e' presentato nudo sul podio: senza scettro, senza corona, senza mantello d' ermellino, senza trono. Accanto a lui il nuovo re, in tenuta di gala, che ha voluto alzargli il braccio in segno di vittoria per fargli riscuotere l' applauso di migliaia di sudditi, piu' commossi che delusi. Il Tour ha voluto rendere omaggio a Miguel Indurain facendo tappa a Pamplona. Nelle intenzioni di Jean Marie Leblanc sarebbe dovuta essere una sorta di grande passerella per consentire ai tifosi di Indurain di assistere al suo trionfo, senza bisogno di andare a Parigi come hanno fatto per cinque anni consecutivi. Le minacce degli indipendentisti baschi non avrebbero turbato il regolare svolgimento della corsa, perche' ci avrebbe pensato Indurain a calmarli, non solo a parole come ha fatto dall' inizio del Tour, ma pedalando con i migliori davanti a tutti: questo era il convincimento degli organizzatori. Ma il vecchio re, dopo le batoste di Les Arcs, del Sestrie' re e di Hautacam (ed il mezzo passo falso della cronoscalata di Val d' Ise' re) non e' entrato in Spagna, sua terra natale, con i migliori. Era gia' stato staccato sul Col du Soudet, incapace di reggere il ritmo del nuovo re in maglia gialla, Bjarne Rijs. Cosi' , quando al termine della discesa le auto che precedevano la corsa sono state bloccate da una ventina di dimostranti baschi che reggevano in mezzo alla strada un grande striscione bianco con la scritta "insurrezione, indipendenza", non e' stato possibile usare Indurain come paciere. Ma gli undici fuggitivi (Rjis, Bolts, Ullrich, Virenque, Dufaux, Herve' , Leblanc, Ugrumov, Escartin, Luttenberger e Bartoli) hanno superato senza grossi intoppi il blocco, disperso un po' rudemente dalle forze dell' ordine. Quando e' passato in quel punto, Indurain neppure s' e' accorto di quel che era successo. Forse non era normale che il re si staccasse sulla salita meta dei suoi allenamenti insieme col fratello Prudencio, e quindi conosciuta metro per metro. Ma l' Indurain ' 96 e' questo. Il suo calvario e' risultato meno doloroso perche' ha trovato un insperato aiuto in Max Lelli che l' ha riportato nel gruppo inseguitore. Cosi' , mescolato in una numerosa compagnia, ha percorso gli ultimi 150 chilometri della maxi tappa, senza tuttavia dare una mano a Rominger e Olano che cercavano di salvare il podio. Dietro la locomotiva Rijs, scortato dal giovane talento tedesco Ullrich, Virenque e Dufaux, Leblanc e Ugrumov, Escartin e Luttenberger vedevano la possibilita' di scalare posizioni in classifica visto il ritardo che accumulavano Olano e Rominger, mentre Berzin era saltato subito (al traguardo accusera' oltre mezz' ora di ritardo). E nel limite consentito dalle loro forze spalleggiavano la maglia gialla nella sua fantastica e sfrontata cavalcata. Quanta differenza tra nuovo re e vecchio re, uno sempre pronto ad attaccare, a non cedere niente agli avversari, l' altro sempre pronto a rispondere e a dispensare favori. Volendo dimostrare che il padrone e' lui, a due chilometri dalla conclusione Rijs ha piazzato uno scatto al quale solo Dufaux, preziosissima spalla di Virenque re degli scalatori, e' riuscito a rispondere. Non gli ha mai dato un cambio e, negli ultimi metri, e' riuscito a rimontarlo e ad assicurarsi la vittoria di tappa. Dopo aver fatto il Rijs per 261,980 chilometri, il danese ha fatto l' Indurain negli ultimi venti metri. "Ci tenevo a vincere, ma quando ho visto che Dufaux non mi dava il cambio, ho capito che puntava alla vittoria di tappa. In fondo non posso volergliene, perche' e' stata la Festina ad attaccare sul Soudet, da li' e' nato l' attacco decisivo. Mi spiace solo che tra noi non ci fosse Indurain: quest' anno non era al meglio, ma resta un grande campione, forse il piu' grande". Il vecchio re vuole arrivare fino in fondo, vuole tagliare il traguardo di Parigi. Per contro fino a domenica non vuol sentire parlare di Olimpiadi. "Adesso sono al Tour, non ho altro per la testa. Quanto ad Atlanta, ho quindici giorni di tempo per recuperare". 


Indurain in Maglia Gialla, più dietro il Pirata.